Diga di San Pietro
Francesco Saverio Nitti è nominato ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio (marzo 1911) nel governo Giolitti. Il 30 settembre 1912, il suo Ministero approva il progetto per la costruzione del bacino idrografico nel territorio di Muro Lucano. Iniziano così i sopralluoghi sul territorio per capire dove e come realizzarlo. In città arrivano ingegneri e altre figure professionali che studiano un terreno a nord ovest, chiamato San Maffeo, dove scorre il fiume San Pietro. Inizia l’operazione “potenzialità di lavoro con il bacino idrografico”.
Il 31 gennaio 1914 nasce la Società Idroelettrica di Muro, chiamata Società Lucana per Imprese Idroelettriche (Società Lucana), con sede a Roma. Il progetto e la direzione della diga sono affidati all’ingegner Angelo Omodeo, mentre l’impresa appaltatrice è del potentino Paolo Buonasorte. Furono stipulati i contratti per la fornitura di tutto ciò che sarebbe servito all’opera completa: dalle paratoie della ditta Sbarramenti Automatici di Zurigo alle turbine della Escher Wyss & C. passando pergli organi di scarico della ditta Togni di Brescia.
Cinque mesi dopo iniziano i lavori di costruzione della diga artificiale, la prima nel Mezzogiorno d’Italia. Donne, uomini e ragazzi erano addetti a pulire, lavare la roccia, a scavar trincee e al gettito di argilla. L’11 luglio 1917 la diga di ritenzione è terminata, così iniziano i lavori al bacino artificiale. Dopo quattro mesi di duro lavoro, che ha visto impegnati circa 100 operai tra uomini, donne e ragazzi, l’opera è pronta per entrare in funzione.
A novembre dello stesso anno la chiusa è abbassata e la diga può riempirsi di acqua. Essa poggia su uno zoccolo alto 5,50 metri e spesso 23,17 metri. Ha un’altezza di 43,90 metri con uno spessore alla base di 16,12 metri. Nel febbraio 1918 la roccia cede e si apre una frattura molto importante che si sposa con la Omodeo e la Talamo nel disastro totale delle perdite d’acqua. Diventano inghiottitoi rilevanti, dove l’acqua penetra e finisce nei visceri della montagna con rumore elevato.
La mattina del 21 maggio, il fondo del bacino contiene poca acqua. L’1 giugno c’è la sospensione dei lavori. La diga raggiunse perdite d’acqua superiori anche ai 2000 litri al secondo. Si tentò di arginare questa situazione con un nuovo tipo di cemento, chiamato “cement gun”. Nel 1920 la diga è riaperta, anche se le perdite, seppur minori, non erano per niente cessate. Le opere di recupero e tamponamento delle sponde con la gunite durarono dal 1919 al 1929 e costarono 3.360.000 lire, mentre per lo sbarramento furono 490.000 lire.
Il 20 ottobre 1927 ci fu il collaudo di tutte le opere realizzate e, dopo esito positivo, l’impianto iniziò a lavorare ma non a pieno regime. Il 21 settembre 1929 su Muro ci fu un nubifragio che causò molti danni ma il pensiero maggiore era rivolto alla diga affinché si capissero la sua tenuta ed eventuali danni. Alle ore 8:00 la diga segnava quota 554,67, alle ore 11:00 era arrivata a quota 566; l’opera aveva retto, a riprova degli ottimi lavori effettuati.
Gli interventi di manutenzione e di iniezione di gunite nella roccia continuarono negli anni a seguire, fino al 1968. Il bacino artificiale poteva contenere tanta acqua in proporzione alla quota di riempimento. Un prospetto originale dell’epoca racconta di una quota pari 555,00 e una capacità massima di 1.566.226.200 litri.
Il 16 ottobre 1975 il Servizio Nazionale Dighe diede parere favorevole affinché fossero eseguiti nuovi lavori di consolidamento e impermeabilizzazione. Ma il 23 novembre del 1980 la terra tremò con violenza in tutto il territorio dell’Irpinia coinvolgendo anche la città di Muro Lucano. Ogni tipo di proposta, che potesse riportare al suo funzionamento, crollò dopo questo terribile disastro naturale.